Il
racconto Saturno e
l'Assoluto è già
stato pubblicato (seppur in forma diversa) nella raccolta di racconti
“Il Fiore delle idee” (Michele di Salvo Editore, 2000 e 2002).
Ecco l'ultima versione (2013-14): le immagini di copertina sono di
Giorgio Pondi.
Dove trovarlo?
http://www.lulu.com/it/it/shop/umberto-pasqui/saturno-e-lassoluto/paperback/product-21700917.html
Che
Umberto Pasqui sappia scrivere bene, soprattutto narrare favole
incorniciate tra la fantasia e la realtà (per quattro quinti
fantastico e solo per il rimanente quinto verosimile), talvolta
proiezione d’un onirismo assolutamente sui
generis, che, quanto ad
effetto, superano alla grande le favole di canonica fattura, è
nozione risaputa.
Narrativa aspecifica che lui,
umilmente e comunque incurante che questo suo narrare possa
annoverarsi in un’innovativa demarcazione letteraria, definisce,
nella singola particella d’unità, semplicisticamente ‘racconto’.
Il
fatto è che ogni volta si legga qualcosa di suo, non si è in grado
di poter fare una ragionevole previsione di dove possa andare a
sbattere le ali l’incipit di turno. Com’è vero che quest’altro,
riedito, ‘racconto’ è strutturato tra mitologia e, fate bene
attenzione, astronomia. Eccola la puntuale novità di quest’ultimo
(ma non ultimo) lavoro: la materia astronomica!
Accessione, questa dell’astronomia,
che potrebbe indurci, senza aver ancora letto almeno qualche pagina
del testo, in un pensiero immerso in quell’ordinaria fantascienza,
d’eccezionale interesse, sì, ma ben inquadrata in un’ottica in
cui lo stupore sia abbastanza prevedibile, in special modo elaborata
su astronavi, navicelle spaziali o altri mezzi aerei all’insegna
d’una scienza che comunque non sfugga, ormai (in forza d’una
molto ampia, se non trita letteratura), più di tanto alla portata
della mente del contemporaneo lettore, giovane o meno giovane che
sia. Laddove l’astronomia di cui s’avvale Pasqui è, qui, del
tutto insospettabile, essendo essa rappresentata, nella descrizione
che ci perviene, in un apparentemente normale labirinto
spaziotemporale, i cui mezzi di locomozione sono fantastici animali
alati, non, o non soltanto, mitologici grifoni, arpie… unicorni
bianchi, bensì originalissime
altre chimere, nel significato più largo e moderno che il termine
‘chimera’ possa evocare. Draghi
alati a parte, unico elemento
intrusivo ma giustificabile con l’esigenza di dare corpo ad una
forte metafora che incarni il male (essendo essi al servizio degli
Sberfi,
esseri che praticano una sorta di schiavismo senz’alcuna pretesa di
servitù da parte dei malcapitati), per il resto si tratta di
straordinarie figure di creature posticce e nel contempo belle,
piacevolissime. Senza troppi mostruosi, deformi animaleschi incroci
che incutano terrore, sgomento, inquietudine. Sono graziosi, ameni
adattamenti: volasini,
alicanguri.
Assemblaggi quasi invisibili.
Unica loro variante, l’aggiunta d’un paio d’ali. Anche i
camelopardi,
fra i quali Saetta,
esemplare preferito dal conte
Saturno, ambedue protagonisti
del presente ‘racconto-favola’, altro non sono che bellissime
giraffe dalla gigantesca, maestosa apertura alare. Creature che,
semmai, arricchiscono in bellezza la loro naturale anatomia.
Il
teatro della narrazione invece non esula troppo da un’impostazione
usualmente fantascientifica.
Purtuttavia
se ne concepisce una divertente, talvolta scompisciante impalcatura.
Dalla Terra, da dove parte la ricerca che esplica il profondo
significato teoretico, teologico nonché teleologico, e che imprime
la giusta morale (sofisticatamente filosofica) della favola,
consistente nella ricerca dell’Assoluto
(«Mi hanno detto che per
nascere sono uscito dalla pancia di mia madre, così ho iniziato a
conoscere il mondo. Ora, per conoscere l’oltre, devo uscire dal
mondo. Per poi rientrarci»,
così s’esprime la dialettica maschera del conte Saturno),
l’intreccio transita per l’orbita della Luna,
e per le altre orbite di pressoché tutta la nostra galassia, di
volta in volta incontrando vite alternative, talora non troppo, a
quella umana (vedansi i Mangiacuori,
i Cercamoglie)
e strutture le più assurde ma compatibili con le relative atmosfere
dei pianeti e dei satelliti di pertinenza. Viaggio che finisce col
raggiungere, tanto per fare un esempio, un’ultrafantastica Cometica
(«regione in cui nascono le comete, ricca di pietre ghiacciate
vaganti nello spazio»). È
così che questa particolarissima fattispecie di fiaba s’insinua
tra corpi astrali veri o inventati, sino ad afferrare finalmente
quell’idea d’Assoluto
che in sé si confonde tra vita e morte, essere e non-essere,
l’esistenza ed il nulla, espandendosi in un impenetrabile Oltre,
teoria e realtà, luogo e tempo, che per la scienza astronomica (per
certe nozioni ancora presunta ma ogni giorno sempre più vicina alla
realtà) dovrebbe all’incirca corrispondere ad ammassi stellari
consistenti in un affollamento di qualcosa come non meno di
centoventimiliardi di galassie, imbrigliate tra un’altissima
percentuale (stimata nella misura del 70%) di “energia-materia
oscura”. Naturalmente proprio qui termina la vittoriosa cavalcata
(incompiuta ma bastevole risposta per l’intelletto del protagonista
e del lettore) del conte
Saturno, figlio del conte
Urano, che, recuperando
l’esistenza del genitore (prima di lui partito nella medesima
ricerca e fino ad allora dato per disperso), recupera altresì la via
del ritorno sulla Terra.
Nei
due nobili eroi Urano
e Saturno,
nomi paralleli a quelli dei due omonimi corpi celesti, è palese la
metafora che indica come l’uomo sia presente, tanto quanto il
cosmo, e forse ancor di più, nell’esistenza e nel destino del
creato, incarnandone passato, presente e futuro. Perché, di fatto, è
l’uomo a scoprire la natura di quest’ultimo, la struttura e la
consistenza; non viceversa, assiomatica ipotesi. Nell’uomo è
implicita la forza dell’universo. L’Uomo è il Cosmo!
La
favolosa ricerca di Umberto Pasqui, inutile dirlo, in un barlume di
memorabile pensiero, rievoca l’epico, ariostesco, metaforico volo
di Astolfo sulla Luna, nell’intento di recuperare lo smarrito senno
d’Orlando. Chiaramente non è sul confronto etico che si deve
valutare quest’opera, dal tono affatto diverso, in quanto libera,
sciolta narrativa, fiaba intabarrata nel reale.
L’originalità del nostro autore
s’intravede, ed in toto, nell’attribuzione di consistenza ad
un’avveniristica ipotesi di vita eretta in un comunitario universo
economicamente saldato addirittura da un’unitaria moneta, capace di
regolare transizioni e servizi a livello interplanetario: il Sole.
Dove, circa un altrettanto comune linguaggio, persino un umanissimo
“perbacco!” o “perdinci!” trova coerente traduzione in una
cosmica, compatta esclamazione: “Pleiadi
brillanti!”.
E,
similmente all’ordinaria qualifica che inquadra noi gente di Terra
come “Terrestri”, gli abitanti della Luna sono detti Lunestri,
quelli di Marte, Martestri
e via d’un siffatto passo.
Non
sorprenda, poi, che sulla Luna possano essere collocate allegoriche
zone tali al Mare delle
parole, alla Rocca
delle domande ed
all’antagonista Rocca delle
risposte, quando, prima ancora
s’apprende che, sorta d’Atlante di viaggio, uno strumento
informativo tale a l’Enchiridio
del nocchiere celeste è in
grado di rispondere pressoché ad ogni richiesta di carattere non
solamente figurativo e geo-topografico ma più ampiamente pratico,
locomotorio e logistico («libro manuale per colui che volesse
intraprendere un viaggio dal pianeta Terra alla Cintura del
Centauro», ai confini dell’universo).
Penso sia giunto il momento di fare i
conti ognuno un po’ per sé, leggendolo questo entusiastico regalo,
l’ennesimo che Umberto Pasqui ha voluto farci. Nel leggerlo, non lo
si potrà che gustare. Ne sono sicuro!
Emilio Diedo
(Prefazione di "Saturno e l'Assoluto")
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