Umberto Pasqui, Gli strani casi del Principino Vanostemma
Maremmi Editori - Firenze Libri, 2008
Recensione di Rosanna Ricci
(Pubblicata sul quotidiano "Il Resto del Carlino" del 23 giugno 2008)
Vanostemma, che vita fantastica
SE IL LIBRO di Umberto Pasqui ‘Gli strani casi del principino Vanostemma’ fosse un quadro (come lo è quello di Enzo Pasqui riprodotto nella copertina) potremmo definirlo surreale perché intreccia, con straordinaria carica fantastica, il reale e ciò che può essere il prodotto solo di un’immaginazione che vola fra le nubi dell’inverosimile e del magico.
Partiamo dal nome del principino (che poi principe non è) di Malmissole e Roncadello: Robertino Consalvo Maria Vanostemma, nome complesso e lontano da quelli che possono far parte di una fiaba per ragazzi. E infatti non è una fiaba, ma una storia che, in certi momenti, disorienta volutamente il lettore perché originale e di sicuro fuori dagli stereotipi di un genere fantastico.
All’inizio c’è un omicidio, ma l’assassino non ha la pallida idea di essere stato lui. E già qui cominciano a farsi strada dubbi ed interrogativi. Segue poi la decisione del principino di abbandonare moglie e figlio ( anche lui dal nome strano, Vologeso) per vivere dentro una cisterna, di vetroresina collocata in un fossato/canale. A far visita allo stizzoso e insofferente abitante si alternano una fornaia che oltre a portargli i panini ha le ali e può volare verso il cielo in cui conduce un povero intristito e malconcio fulmine che non ha più la forza di salire in alto; due coniugi che cercano di riportare Robertino coi piedi per terra, ossia abbandonare stranezze degne di uno psicopatico.
NON MANCANO dialoghi e patti con nutrie che si introducono nella cisterna e chiedono cibo al principino e zanzare che con ragionamenti che non fanno una piega, spiegano l’importanza che ha per loro succhiare un po’ di sangue umano. Si tratta di una storia fra fiaba e gioco in cui, fra sogghigni, incisi e qualche fugace immagine concreta, non si sa più fino a che punto l'autore voglia provocare o divertire e in cui ogni stranezza viene puntualmente proposta come qualcosa di logico e curiosamente in bilico fra realtà e assurdo. Un teatro, dunque. Umberto Pasqui da burattinaio, manovra i fili dei suoi personaggi e fa compiere loro le più impensate ed originali acrobazie di dialoghi e di movimenti. La storia si dipana con un linguaggio asciutto, rivolto all’essenziale con espressioni ( e anche terminologia) sempre al limite fra serioso e improbabile.
http://www.ilrestodelcarlino.it/forli/2008/06/23/98940-vanostemma_vita_fantastica.shtml
Partiamo dal nome del principino (che poi principe non è) di Malmissole e Roncadello: Robertino Consalvo Maria Vanostemma, nome complesso e lontano da quelli che possono far parte di una fiaba per ragazzi. E infatti non è una fiaba, ma una storia che, in certi momenti, disorienta volutamente il lettore perché originale e di sicuro fuori dagli stereotipi di un genere fantastico.
All’inizio c’è un omicidio, ma l’assassino non ha la pallida idea di essere stato lui. E già qui cominciano a farsi strada dubbi ed interrogativi. Segue poi la decisione del principino di abbandonare moglie e figlio ( anche lui dal nome strano, Vologeso) per vivere dentro una cisterna, di vetroresina collocata in un fossato/canale. A far visita allo stizzoso e insofferente abitante si alternano una fornaia che oltre a portargli i panini ha le ali e può volare verso il cielo in cui conduce un povero intristito e malconcio fulmine che non ha più la forza di salire in alto; due coniugi che cercano di riportare Robertino coi piedi per terra, ossia abbandonare stranezze degne di uno psicopatico.
NON MANCANO dialoghi e patti con nutrie che si introducono nella cisterna e chiedono cibo al principino e zanzare che con ragionamenti che non fanno una piega, spiegano l’importanza che ha per loro succhiare un po’ di sangue umano. Si tratta di una storia fra fiaba e gioco in cui, fra sogghigni, incisi e qualche fugace immagine concreta, non si sa più fino a che punto l'autore voglia provocare o divertire e in cui ogni stranezza viene puntualmente proposta come qualcosa di logico e curiosamente in bilico fra realtà e assurdo. Un teatro, dunque. Umberto Pasqui da burattinaio, manovra i fili dei suoi personaggi e fa compiere loro le più impensate ed originali acrobazie di dialoghi e di movimenti. La storia si dipana con un linguaggio asciutto, rivolto all’essenziale con espressioni ( e anche terminologia) sempre al limite fra serioso e improbabile.
http://www.ilrestodelcarlino.it/forli/2008/06/23/98940-vanostemma_vita_fantastica.shtml
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