Prospettiva Editrice, 2002
Recensione di Pacifico Topa
(Pubblicata sulla rivista Omero - Anno IV - Num. 20 - pag. 6)
Umberto Pasqui, con il racconto "L'Odoacre sconosciuto", ci trasporta in un mondo reale e fiabesco ad un tempo, e, con le quindici suddivisioni, narra le avventure di un appassionato navigatore: Odoacre, di una sua innamorata: Livia, di un gheppio parlante, Caracalla e di altri immaginari figuri che vivacizzano la trama.
All'origine dell'evento c'è l'astiosità del protagonista con le sorelle, raffiguranti l'eterno contrasto dell'incomprensione famigliare.
Pur di fuggire da questo clima insostenibile Odoacre s'avventura con la barca: Teodolinda, e incontra la regina Domitilla, discendente regale di una nobile casata; un casta assai variegato di personaggi che si disimpegnano alla meno peggio.
Leggendo questo racconto si veleggia tra realtà e fiaba, il tutto proposto con un linguaggio d'immediata acquisizione. Lo spirito di avventura predomina, ma è una fantasia ancorata alla realtà, gli stati d'animo sono quelli abituali, le soluzioni, spesso, sconcertano per l'originalità. Luoghi immaginari si avvicinano ad altri reali: sebbene possa parlarsi di trama inventata essa ha sempre agganci con la realtà, anche nelle problematiche dialogiche ci sono elementi che molto corrispondono ad un modo di pensare comune.
Odoacre rappresenta lo spirito avventuroso, il temerario, che non ha paura di nulla e che vuole raggiungere il suo obiettivo: fuggire dalla tediosità di due sorelle petulanti, atturno a lui Livia, l'eterna innamorata che, per il suo affetto, condivide le avventure di Odoacre, superando tutti gli ostacoli.
Altri protagonisti sono animali o figure femminili con capacità extraterrestri in grado di sovvenire alle urgenze dei protagonisti.
Inutile dire che l'invenzione ha un ruolo determinante in questo racconto, Umberto Pasqui si propone come personaggio eclettico che padroneggia linguisticamente il percorso narrativo, traendone anche sagaci osservazioni psicologiche. Non mancano spunti di moralità, specie quando le circostanze lo richiedono.
Si tratta di un romanzo che non ha certo esplosioni eclatanti, ma scorre delicatamente su una tonalità linguistica di notevole efficacia dialogica.
La descrizione fantasmagorica di luoghi inesplorati, immaginari come "L'isola delle campane", quella delle "genziane", la presenza di animali parlanti come il "lombrico", insomma ce n'è per tutti i gusti.
Odoacre e Livia riusciranno a tornare fra gli umani, sorpassando una misteriosa porta. E' un finale, tutto sommato, gradevole che conferma come realtà e la fantasia possono convivere senza nuocersi a vicenda.
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